sabato 9 settembre 2017

GLI ULTIMI FUOCHI DI SPASULE' - di Giovanni Mura


Gli ultimi fuochi di Spasulè


Ho provato una prima volta, anni addietro, a trattare del villaggio distrutto di Spasulè ma senza approfondire a sufficienza le varie tematiche demografiche e territoriali. Le mie attenzioni, infatti, non erano andate oltre la rilettura dei resoconti degli storici e l’esame di alcune certificazioni parrocchiali di fine Cinquecento. Troppo poco per affrontare un percorso più soddisfacente alle attese dei lettori. Il relativo servizio, pubblicato nel 2005 nel periodico diocesano Vita Nostra al numero 41, viene riproposto in appendice al presente lavoro.


Successivamente, grazie anche al ritrovato cavallo bianco della ninna nanna spasulese presentata dal Bonu nel suo lavoro del 1936 Ricerche storiche su due paesi della Sardegna (Gadoni e Tonara), ho potuto riprendere con maggiore fiducia e convinzione gli antichi sentieri che dal santuario di San Mauro conducono a Spasulè, nel cuore del Mandrolisai, tra i villaggi di Atzara, Sorgono e Tonara. (1)


Dappertutto ho cercato, con l’entusiasmo del bambino della citata filastrocca, di cogliere i frutti più interessanti per poi andare a comporli come natura morta nel mio modesto cesto di vimini.


Altre chicche, nascoste alla mia visuale dalla folta vegetazione, sono ancora appese sugli alberi. Aspettano che altri ricercatori si facciano avanti. La torta purtroppo è ancora tutta guarnire e per la ciliegina finale dovranno essere impiegati altri destrieri.


In breve sintesi si può affermare che le note documentarie relative al minuscolo villaggio abbandonato agli albori della dominazione sabauda in Sardegna si possono rintracciare in maggior parte nelle certificazioni parrocchiali redatte a cavallo dei secoli diciassettesimo e diciottesimo dai solerti sacerdoti della parrocchia di Tonara e da quelli dei paesi circostanti. Già da tale periodo, non sappiamo da quanto tempo prima, le anime del piccolo borgo erano affidate alle cure del parroco di Tonara, il quale di persona, o facendosi rappresentare da altri suoi collaboratori, provvedeva ad annotare nei Quinque libri e nei registri di amministrazione gli eventi attinenti alla vita umana quali nascite, matrimoni e decessi e quelli legati all’amministrazione economica della parrocchia.


Nelle vesti di ricercatore ho provveduto a raccogliere e catalogare le tessere di un mosaico molto interessante e per certi versi anche intrigante.


Molti, ripeto, sono i vuoti da colmare ma, da una prima lettura di questa ricomposizione di carattere demografico, non sembra ci siano validi motivi che possano supportare e giustificare appieno le tesi avanzate dagli storici intorno alla diaspora degli ultimi spasulesi in quel di Arasulè, il rione più popoloso di Tonara.


Vado convincendomi sempre di più, considerando i legami di amicizia e di parentela certificati nelle varie cerimonie di battesimo e matrimonio, che le testimonianze segnalate da parte dei padrini e dei testimoni, soprattutto atzaresi e sorgonesi, depongano per tesi diverse da quelle prospettate dagli storici.


Questo giustifica la regola che vuole che i migliori rapporti tendono ad instaurarsi tra quelle popolazioni che, rispetto alle altre, godono del vantaggio della minore distanza territoriale. Naturalmente si parla di relazioni sociali ed economiche. Il grado di fiducia e di conoscenza maturato nel tempo tra paesi confinanti porta sempre a favorire fra i medesimi l’arricchimento ed il rafforzamento della reciprocità degli equilibri e delle intese. Raramente tra comunità sempre più distanti dai normali raggi d’azione si assiste ad un maggiore e proficuo legame operativo. Sembra infatti strano che le ultime famiglie spasulesi, abbiano optato in massa per la soluzione dei loro problemi di sopravvivenza in territorio tonarese. Purtroppo l’attenta analisi dei registri parrocchiali tonaresi relativi ai primi decenni del Settecento non sembra lasciare traccia alcuna intorno ai nominativi segnalati negli ultimi fuochi del piccolo borgo. Sfuggono a tali verifiche anche le ricerche condotte sui registri degli altri centri del Mandrolisai ma, in linea di massima, siamo portati a confermare che le ultime migrazioni spasulesi abbiano seguito le vie di Atzara e Sorgono.


E’ cosa certa che la soluzione dei problemi relativi alle nuove sistemazioni sarà stata supportata da una attenta valutazione di molte circostanze fra le quali avranno avuto un certo peso, nel gioco delle parentele e delle amicizie, i riflessi di natura economica. Quel che sia successo effettivamente tra le parti nei piani di programmazione del do ut des non sappiamo ma, come sempre accade nella maggior parte dei casi, alla fine sarà prevalso il buon senso. Un tentativo di accordo tra le comunità di Tonara e Spasulè, sebbene suffragato da legami di fratellanza religiosa, non sembra sia stato possibile. Il fattore distanza impone quasi sempre in circostanze analoghe, un alto rischio di definizione contrattuale.


I nuovi equilibri di carattere logistico relativi all’ingresso nella nuova comunità saranno stati condizionati da realtà ben diverse che sfuggono alle nostre attenzioni cosi come si celano alla nostra ricerca le vere cause che hanno costretto gli spasulesi ad abbandonare il loro borgo. Il caso fortuito generato dall’avvelenamento delle falde acquifere può essersi anche presentato, ma non riteniamo sia stato il fattore determinante per chiudere con la storia del passato.


Forse la vera ragione sta in quelle carte processuali citate da Vittorio Angius nel dizionario del Casalis come può ritenersi che la soluzione dell’enigma Spasulè sia in quei documenti ecclesiastici sfuggiti alla nostra ricerca e che dovranno ancora essere esaminati. Bisogna attendere ancora.


Mi riservo in ogni modo l’opportunità di contribuire ancora allo studio di ulteriori verità qualora si presenti l’occasione per un approfondimento delle tematiche sinora affrontate.


Sento intanto il dovere di ringraziare sentitamente Gianni Maccioni, parroco della comunità tonarese, per avermi favorito la consultazione dei registri di amministrazione della parrocchia di san Giacomo di Spasulè ed i direttori dell’archivio diocesano di Oristano, succedutisi in quest’ultimo settennio, per avermi consentito l’utilizzazione dei libri parrocchiali, alias Quinque libri, di Atzara, Sorgono e Tonara.


Giovanni Mura


Oristano, li 10 ottobre 2008










(1) Fa parte del tessuto popolare del minuscolo centro di Spasulè la interessante ninna-nanna ricordata da Raimondo Bonu in Ricerche storiche su due paesi della Sardegna, Siena Cantagalli 1936:


A duru-duru, a duru duru.


A Monte Mannu hapes seguru,


a Monte Mannu e Ispasulè.


Caddu biancu ti det su Re,


caddu biancu e unu nieddu.


A duru-duru e a duru-seddu.






Il resoconto degli storici


Vittorio Angius (1798-1862)


Alla voce Tonara del Dizionario del Casalis, Vittorio Angius inserisce il seguente servizio storico su Spasulè, il villaggio affidato alle cure ecclesiastiche della parrocchia di Tonara:


Chiese campestri. Appartenente alla parrocchia di Tonara, nel territorio di Sorgono, a circa due ore verso ponente, trovasi la chiesa rurale dell’apostolo s.Giacomo, il maggiore. Occorrendo la festa a’ 25 luglio, il clero di Tonara vi si porta e funziona.


Ragione di questo fatto si è che era questa la parrocchia di un paese appellato Spasulè, deserta da circa 120 anni, e che gli ultimi abitatori del medesimo essendosi ricoverati in Tonara, riconobbero per loro paroco il rettore di Tonara, il quale da quel tempo cominciò a intitolarsi anche rettore di Spasulè, per la giurisdizione canonicamente confertagli su quella parrocchia.


Gli emigrati di Spasulè avendo seco portato i loro diritti nel nuovo domicilio, e lasciatili a’ tonaresi, questi avrebbero dovuto avere la proprietà de’ territorii di Spasulè, come erasi fatto in simili casi in molti altri luoghi; ma quei di Samugheo, di Sorgono e di Atzara, quando videro deserto Spasulè, invasero quel territorio e sel divisero, togliendosi ciascuno la parte che meglio gli accomodava. I tonaresi sentendosi inferiori contro i tre popoli collegati, si astennero dalla violenza, che sarebbe tornata inutile, anzi dannosa, e tentarono le vie legali per vendicare i loro diritti. La lite, come si dee supporre, per la conosciuta natura degli avvocati, fu tratta in lungo, poi quando la causa parea matura, allora, non si sa nè come né perché, si cessò dalle instanze. Sospettasi che i tre paesi persuasi di esser obbligati a rimettere a’ tonaresi le terre di Spasulè, abbiano corrotto quelli che nel paese avevano maggiore influenza.


Alla voce Sorgono del citato dizionario, Vittorio Angius riferisce quanto segue su Spasulè:


In distanza di mezz’ora da questo paese [Sorgono] alla parte di mezzogiorno trovansi le vestigie d’un villaggetto distrutto, che appellavasi Spasulè, dove esiste ancora una chiesetta dedicata a s.Giacomo apostolo, e nella cui commemorazione vi officia il clero di Tonara per la ragione che il popolo di detto villaggio era curato nelle cose spirituali dal paroco di quel paese.


Lo spopolamento di Spasulè si riferisce al 1710


I giovani di quel paese che erano al servigio de’ principali di Sorgono essendosi accasati in questo luogo vi fermarono il domicilio, i vecchi loro genitori non volendo restar soli in quella terra vi si portarono, e così Spasulè restò deserto, ma i suoi terreni furono annessi al territorio di Sorgono in virtù de’ loro diritti.


Per quanto riguarda la scelta della loro nuova residenza sembra, secondo la tesi dell’Angius, che gli abitatori del piccolo villaggio di Spasulè abbiano preferito inseguire due correnti di traffico migratorio, quasi in direzioni opposte: una, forte di un gruppo alquanto determinato, verso Tonara ed un’altra, altrettanto coesa, verso Sorgono.






Francesco Corridore


Del piccolo centro del Mandrolisai, Francesco Corridore, nel suo lavoro del 1902 Storia documentata della Sardegna, ci fornisce i seguenti dati demografici:


a) 18 fuochi per l’anno 1678


b) 8 fuochi, (14 maschi e 14 femmine), per l’anno 1688


c) 8 fuochi, (16 maschi e 15 femmine) per l’anno 1698


d) nessun fuoco nel censimento eseguito nell’anno 1728.


Rifacendosi agli studi documentati di Giovanni Pillito, il Corridore riferisce che il censimento del 1688 fu posto in essere in Sardegna dal viceré don Nicolò Pignatelli Aragon al fine di poter avere una esatta stima numerica della popolazione, fortemente decimata dalla carestia del 1680, e della sua giusta distribuzione nel territorio, scompensata dalla distruzione di molti paesi e dall’accrescimento di altri. La somma da ripartire nel tempo di un decennio tra i 61645 fuochi sardi, distribuiti in 230321 anime, fu di 70000 scudi annui ai quali nonostante l’estrema miseria degli abitanti, si aggiunse l’importo di 140.000 lire sarde.


Il censimento del 1698, proposto dal rappresentante regio il viceré don Giuseppe Solis, potè assicurare alle casse dell’erario la cifra di 60.000 scudi annui. Gli abitanti censiti furono 260551 mentre le famiglie 66778.


Raimondo Bonu (1890-1981)


Nel lavoro del 1936 Ricerche storiche su due paesi della Sardegna (Gadoni e Tonara) edito da Cantagalli, Siena, Raimondo Bonu così ci racconta di Spasulè:


Nei primi decenni del 1600 gli abitanti di Spasulè (ricca borgata fra Atzara e Sorgono) presero a disertare il loro paese per stabilirsi a Tonara, dove accrebbero l’incipiente borgata di Arasulè, che risultò composta dei più facoltosi pastori. Vi trasportarono anche i loro vasti diritti terrieri dei salti di Fontana Bona fino al sud di Curatore: i loro lontani pronipoti godono mostrare ai propri discendenti il vasto anfiteatro di terreni, ereditati da Spasulè.


Gli stessi emigrati, specialmente i parenti dei Demurtas e dei Flore, provvidero a ingrandire la chiesetta di Santa Maria e a lasciare scritto sul legno, in un fregio di quell’altare principale, il cognome Demurtas e la data del 1617. E’ d’un anno prima l’iscrizione ancora visibile in una casa d’Arasulè, costruita da un pastore di Spasulè.


Più avanti, a pag. 85 e seguenti del paragrafo dedicato alle antichità, così ci riferisce di Spasulè l’eminente studioso:


Questo ricco villaggio, abbandonato verso il 1718, si trovava fra Sorgono e Atzara, a 13 Km. da Tonara sulla via comune e a 9 Km. sui sentieri della montagna. Fino al 1929 ne officiava la chiesetta il parroco di Tonara, che vi si recava per il 25 luglio con una ventina di tonaresi; altri cento fedeli al più vi accorrevano da Sorgono e da Atzara. Il titolare della chiesa è l’apostolo S.Giacomo il Maggiore; la devozione è d’evidente importazione dopo il 1325;[…]


La chiesetta è sopra un poggio in piena vista del Gennargentu, delle vette Bruncu Sa Scova e Sant’Elia, del Ghirghini e del mare d’Oristano. La feracità del suolo è tuttora ricordata nelle ninne-nanne popolari della regione […]


Il primo documento storico che lo ricorda è l’atto di pace fra re don Giovanni d’Aragona e Eleonora giudicessa d’Arborea (24 gennaio 1388). La pace fu sottoscritta anche dai rappresentanti dei paesi barbaricini, facenti parte della çega d’Arborea come Ariço, Belbi etc. Item ab Arsocco Chirroni Majore villae de Spasulee, Gonnario de Serra, Laurenzio Fulla et Gonnario de Corongiu juratis ac Georgia Lecha, Parasone de Serra, Barsilo Fulla et Petro Uda habitatoribus villae proxime dictae.


E’ noto per tradizione che una delle famiglie superstiti di Spasulè, quella dei Cadeddu, si rifugiò in Atzara; il parroco o il cappellano con le altre poche famiglie venne a Tonara, il cui parroco fin dai primi del 1600 s’intitolava “rettore dell’annessa chiesa di Spasulè” e tutti insieme accrebbero l’incipiente borgata d’Arasulè. Nella parrocchia di Tonara si conservano ancora due pianete e un piviale di Spasulè: è un tessuto grossolano di lino, uscito dai telai sardi.


Ivi la vita fu resa impossibile per causa dell’isolamento o per qualche epidemia locale o per deficiente capacità difensiva. Una costante tradizione dice che le due fonti dell’acqua potabile siano state avvelenate da un certo Mùrtinu Mannu, che la stessa tradizione pretende ascendente dell’attuale stirpe degli Urru di Sorgono. […]


A un secolo quasi di distanza, il sospetto espresso dal Casalis [Vedi ultima parte del servizio reso da Vittorio Angius al dizionario di Goffredo Casalis], è, secondo voci insistenti, una realtà storica. La maggior parte dei terreni di Spasulè, si dice, furono ceduti in conduzione agli abitanti dei tre paesi suddetti [Samugheo, Sorgono ed Atzara]: ma la locazione temporanea degenerò in proprietà abusiva, confermata dal silenzio tutt’altro che disinteressato e dall’acquiescenza di alcuni capi tonaresi.


Antioca di Spasulè (1)


Con la presentazione di Antioca di Spasulè, una delle ultime rappresentanti del villaggio abbandonato, Raimondo Bonu cerca di illuminare con efficacia e chiarezza i capitoli finali del minuscolo centro del Mandrolisai. L’indagine, condotta dall’emerito ricercatore con interviste effettuate presso anziani atzaresi nei primi decenni del Novecento, ha dato i seguenti risultati :


a) Antioca di Spasulè, secondo la viva voce degli intervistati, risulta domiciliata ad Atzara nell’anno 1870. La sua età è di 84 anni. E’ quindi nata nel 1786. Il costume da lei indossato è molto simile a quello di Samugheo.


b) La madre di Antioca, sempre secondo la tradizione orale degli intervistati dal Bonu, era nata a Spasulè nel 1743 ed era deceduta all’età di 86 anni ad Atzara nel 1829. Questa vecchia aveva riferito due cose importanti per la storiografia del pianeta Spasulè: di aver abbandonato il suo borgo natio all’età di 5 anni, cioè nel 1748 e di averlo conosciuto abitato per una trentina d’anni da circa sei persone. (2)


Un trentennio, quindi, a datare dall’addio definitivo degli ultimi residenti. Quando l’estremo commiato avvenne esattamente non è dato sapere. Occorrerà fare ancora ulteriori ricerche ed esaminare altri documenti. Molto ci diranno le carte processuali relative al contenzioso tra i vari paesi belligeranti. Finora l’enigma Spasulè rimane e rimarrà tale chissà per quanto tempo. Diverse le ipotesi sulle cause e la data dell’abbandono. Allo stato attuale il lettore può avere a disposizione un più ampio quadro della situazione ma, in definitiva, non è stato cavato ancora un ragno dal buco o meglio, per dar spazio alla corrispondente frase idiomatica del dialetto tonarese possiamo dire ca ancora no est istetiu ogau nudda a pigiu.


Note:


(1) Vedi nota n.2 del servizio su Spasulè presentato a pagina 85 di Ricerche storiche su due paesi della Sardegna.


(2) Al fine di avere un pronto riscontro sulle interviste effettuate da Bonu abbiamo ritenuto opportuno fare una prima verifica sui registri dei censimenti atzaresi della prima metà dell’Ottocento. Le ricerche condotte sullo Status animarum del 1818, anno nel quale Antioca e sua madre si ritroverebbero rispettivamente in età di 32 e 75 anni, non hanno prodotto gli esiti sperati. Fra le trentenni di nome Antioca annoverate in detto registro si segnalano 
Antioca Perdaciu sposata con Pietro Piras 
Antioca Trogu, figlia di Sebastiana Deligia, una vedova di cinquanta anni. 
Antioca Scano sposata con Giovanni Demelas. 


Non risultano censite donne di età superiore ai settanta anni. Il più anziano dei residenti è il settantenne Luigi Manca di Loceri sposato con la cinquantenne Antioca Migone.


Infruttuose anche le indagini condotte sui restanti libri parrocchiali. La leggenda sulle ultime discendenti di Spasulè continua.


















I probabili ultimi fuochi di Spasulé


Dalla rilevazione delle nascite del periodo a cavallo tra il Seicento ed il Settecento è possibile risalire allo studio di buona parte delle famiglie ancora presenti a Spasulè, prima del completo abbandono del villaggio. Queste le mie deduzioni:


Famiglia Loi-Marras


Francesco Loi (marito)


Maria Marras (moglie)


Giovanni Battista Loi (figlio, nato nel 1699)


Bartolomeo Loi (figlio, (nato nel 1701)


Maria Eufrosina Loi (figlia, nata nel 1706)


Vincenza Loi (figlia nata nel 1710)


Giacomina Loi (figlia nata nel 1713) (1)


(1) Maria Congiu, madrina di Giacomina Loi, è di Spasulé.






Famiglia Demurtas-Marras


Bartolomeo Demurtas (marito)


Maria Marras (moglie)


Tomaso Demurtas (figlio, nato nel 1702)






Famiglia Demurtas-Mura


Andrea Demurtas (marito)


Francesca Mura (moglie, originaria di Sorgono)


Sebastiano Demurtas (figlio, nato nel 1702)


Francesco Antonio Demurtas (figlio, nato nel 1704)


Michele Arcangelo Demurtas (figlio, nato nel 1707)


Maria Regina Demurtas (figlia nata nel 1710) (1)


Giovanni Maria (figlio nato nel 1714)


(1) Maria Congiu, madrina di Maria Regina Demurtas, è di Spasulé.






Famiglia Marras Demurtas


Basilio Marras (marito)


Maria Giuseppa Demurtas (moglie)


Sebastiano Ignazio Marras (figlio, nato nel 1704) (1)


Lucia Marras (figlia, (nata nel 1708) (1)


Giusta Marras (figlia, nata nel 1711)


(1) Ludovico Medde e Monserrata Maxia, padrini di Lucia Marras, sono di Spasulé.






Famiglia Loi Marras


Ignazio Loi (marito)


Maria Angela Marras (moglie)


Marco Antonio Loi (figlio, nato nel 1705)






Famiglia Medde-Mura


Antonio Medde (marito)


Maria Angela Mura (moglie)


Bachisio Medde (figlio, nato nel 1705)






Famiglia Demurtas-Mele


Giovanni Mauro Demurtas (marito)


Stefania Mele (moglie, originaria di Atzara)


Francesca Demurtas (figlia, nata nel 1711) (1)


(1) Demetrio Tocori e Maura Congiu, padrini di Francesca Demurtas, sono entrambi di Spasulé.






Famiglia Mura-Marras


Salvatore Mura (marito)


Basilia Marras (moglie)


Susanna Maria Mura (figlia, nata nel 1713)


Maria Antonia Mura (figlia, nata nel 1716)






Dalla consultazione del registro dei matrimoni celebrati a Spasulé nell’anno 1710 (vedi Nozze De Murtas-Mele di pagine precedenti) è possibile risalire al nucleo familiare riguardante i genitori di Giovanni Mauro Demurtas, lo sposo. Qui di seguito gli estremi di identificazione:






Famiglia Demurtas-Mereu


Sebastiano Demurtas (marito)


Francesca Mereu (moglie)


Giovanni Mauro Demurtas (figlio e futuro sposo di Stefania Mele)






Sarebbe interessante, seguendo le indicazioni dei registri parrocchiali della Barbagia centrale ed in particolare dei comuni del Mandrolisai, Tonara, Atzara e Sorgono soprattutto, poter estendere le ricerche sui giovani spasulesi nati nel primo quarto del Settecento, ultimo periodo di vita del villaggio prima del completo abbandono, e poterle documentare possibilmente per tutto il secolo diciottesimo. Sarà questa la soluzione al giallo della diaspora. Stando alle mie ricerche, escludo a priori che il centro di Tonara abbia potuto contribuire alla richiesta di asilo degli ultimi abitatori di Spasulè. In ogni modo è sempre bene verificare ancora, magari andando a consultare i registri di altri centri della Barbagia centrale quali Meana e Samugheo oppure tentando altre vie.






Gli spasulesi da sottoporre al vaglio della lente del ricercatore appartengono alle famiglie dei Loi, Demurtas, Marras, Medde e Mura.


Del primo ceppo fanno parte


1) Giovanni Battista Loi, classe 1699


2) Bartolomeo Loi, classe 1701


3) Marco Antonio Loi, classe 1705


4) Maria Eufrosina Loi, classe 1706


5) Vincenza Loi, classe 1710


6) Giacomina Loi, classe 1713






Del secondo ceppo


1) Sebastiano Demurtas, classe 1702


2) Tomaso Demurtas, classe 1702


3) Francesco Antonio Demurtas, classe 1704


4) Michele Arcangelo Demurtas, classe 1707


5) Maria Regina Demurtas, classe 1710


6) Francesca Demurtas, classe 1711


7) Giovanni Maria Demurtas, classe 1714






Del terzo ceppo


1) Sebastiano Ignazio Marras, classe 1704


2) Lucia Marras, classe 1708


3) Giusta Marras, classe 1711






Del quarto ceppo


1) Bachisio Medde, classe 1705






Del quinto ceppo


1) Susanna Maria Mura, classe 1713


2) Maria Antonia Mura 1716






















Spasulè


(Servizio pubblicato nel 2005 sul numero 41 di Vita nostra)


Di Spasulè, piccolo paese del Mandrolisai nella Barbagia Centrale, nel centro della Sardegna, dichiarato ufficialmente distrutto nei primi decenni del Settecento, si vogliono tentare di ricostruire per grandi linee alcuni lineamenti storiografici e geografici.


E’ in coda all’atto di pace stipulato nel 1388 da don Giovanni d’Aragona e la giudicessa Eleonora che abbiamo le prime segnalazioni storiche di questo centro agricolo pastorale. E’ presente infatti alla sottoscrizione il suo primo rappresentante, il major de villa .” Item ab Arsoccho Chirroni Majore villae Spasulee…” Così dalla trascrizione effettuata da Raimondo Bonu nell’Archivio Storico di Cagliari.


Dal punto di vista geografico é Giovanni Francesco Fara, nella sua Corografia, a darci una breve presentazione nella vasta regione del Mandrolisai, quae habet septem oppida Desulis, Tonarae, Sorgoni, Spasulis, Azarae, Ortueris et Samoguei. Dai monti di Tonara che viaggiano da quote massime di 1500 metri sino ai 400 di Samugheo é sempre Mandrolisai, sempre Barbagia Centrale.


Di Spasulé, affidata alle cure ecclesiastiche della parrocchia di Tonara, abbiamo risultanze anagrafiche nei Quinque libri di quest’ultimo centro. Dal registro dei matrimoni risulta che in data 25 luglio 1598 vennero celebrate le nozze della spasulese Francesca Zaquello con il tonarese Paolo Deias Flore. Dal registro dei battesimi dell’anno 1598 risultano aver ricevuto il sacramento della cristianità Basilia Virdis, figlia di Giorgio e Caterina Meloni entrambi di Spasulè, Antioca Zedde, figlia dei coniugi spasulesi Elias e Maddalena Marras e Davide Onni, figlio di Antioco e ( ? ) Sucu anche essi nativi del piccolo borgo.


Lasciti in denaro a favore della parrocchia di san Giacomo di Spasulè sono segnalati nei registri dei defunti tonaresi della seconda metà del Seicento. Il sacerdote Salvatore Deiana dispone che alla sua morte (18 aprile 1668) sia devoluta la somma di uno scudo ala parr(oqui)al de san Jayme de Espasuley mentre le ultime volontà del sacerdote Andrea Pisano dispongono che alla sua morte (22 aprile 1670) sia corrisposta ala Iglesia de Santiago de la villa de Espasulej la somma di quinze sueldos.


E’ da un documento dell’archivio parrocchiale risalente all’anno 1681, che il lettore potrà venire a contatto con gli operatori economici di tale periodo storico. In merito si potrà approfondire il discorso rileggendo il contenuto dell’atto che risulta riprodotto in fotocopia a pagina 51 di Tonara di Raimondo Bonu, un lavoro edito dalla Pro Loco di tale centro nell’anno 2004. Si fa riferimento alla riscossione di interessi o fitti relativi a capitali ricevuti in prestito dalla parrocchia di san Giacomo di Spasulè. Il tasso dell’operazione di mutuo é dell’otto per cento ed il tempo dell’investimentovaria da uno ai due anni. Il parroco della chiesa, Geronimo Orrù, è anche il rettore della chiesa di san Gabriele di Tonara. Michele Marras paga per lo sensal de doze lliures j deu sous (per il mutuo di dodici lire e dieci soldi) per dos ains (per due anni) la somma di due lire. Ricordo che la lira si divide in venti soldi. Il totale delle somme incassate risulta in tutto di 17 lire, poco meno di sette scudi. Citati nel documento in qualità di mutuatari Antonio Marras, Giovanni Maria Dejana, Tomaso Mura, Giovanni Garau, Antonio Dechicu e Sebastiano Demurtas tutti della autonoma borgata mentre Lucifero Garau risulta domiciliato a Sorgono.


In tale anno Spasulé poteva forse contare una cinquantina di persone. Dal quadro della popolazione dei comuni del Circondario di Lanusei, risulta che nei censimenti relativi agli anni 1688 e 1698, Spasulè contava rispettivamente 28 e 31 anime. Del censimento dell’anno 1678 abbiamo soltanto il numero dei fuochi che risultano 18 mentre nell’anno 1728 il centro è dichiarato ufficialmente disabitato. Per una migliore lettura o approfondimento dei dati si rimanda alla Storia documentata della popolazione di Sardegna di Francesco Corridore, ristampa del 1902.


Nell’atto pubblico di donazione redatto in data 1 gennaio 1770 dal notaio sorgonese Giuseppe Nicola Carta e stipulato dal “Cavallero Jacinto Serra” a favore del figlio Antonio risulta che uno dei beni donati confina con la parte estrema superiore del paese distrutto di Spasulé. In particolare é precisato che la tanca del lugar dicho Serdazu afronta cabessa al Padro, pies à la villa desperdiçiada de Espasule…. Tanto ci risulta dalla cartella numero 10 del Fondo Patrimonio Ecclesiastici dell’archivio diocesano di Oristano.


Di questo centro posto ai confini tra Sorgono ed Atzara tratterà in modo esteso Vittorio Angius nel Dizionario del Casalis alla voce Tonara, pag. 999 nel paragrafo Chiese campestri. Dal suo resoconto risulta che nel territorio di Sorgono esisteva nel 1846 una chiesa rurale appartenente alla parrocchia di Tonara e la cittadinanza di quest’ultimo centro partecipava alle funzioni religiose del 25 luglio in onore di San Giacomo. “Ragione di questo fatto si è che era questa la parrocchiale di un paese appellato Spasulè, deserta da circa 120, e che gli ultimi abitatori del medesimo essendosi ricoverati in Tonara, riconobbero per loro paroco il rettore di Tonara …”


Nell’opuscolo Ricerche storiche su due paesi della Sardegna – Gadoni e Tonara Raimondo Bonu approfondisce il tema sullo spopolamento di tale centro precisando in particolare che “ivi la vita fu resa impossibile per causa dell’isolamento o per qualche epidemia locale o per deficiente capacità difensiva”


Di Spasulè nel 1935 ci restano i seguenti estremi catastali, fornitici sempre dal Bonu,: 12.000 metri quadri di cui 10.000 votati a regime aratorio ed i restanti vincolati all’area della chiesa. Per saperne di più bisognerà attendere che qualche ricercatore, sfruttando le ghiotte possibilità che offre l’archivio parrocchiale di Tonara, uno tra i più accreditati della diocesi arborense, possa mettere a fuoco una più ampia e dettagliata visione del villaggio che non esiste più.


A ricordare i fasti del passato restano le chiese campestri di san Giacomo rispettivamente ubicate nei territori di Sorgono e di Tonara cui il turista di passaggio nel Mandrolisai non mancherà di rendere visita e sfruttare nel contempo la possibilità di accomunare i lati paesaggistici, naturalistici e religiosi.


Per ulteriori approfondimenti si rinvia il lettore alla consultazione del quarto volume delle Memorie tonaresi dal titolo: Spasulè. Il villaggio abbandonato nel primo quarto del Settecento


Giovanni Mura